In questa prima parte d’inverno le montagne della Toscana sono state interessate da frequenti ed abbondanti nevicate, con accumuli che in alcune località dell’Appennino Tosco-Emiliano non si osservavano da decenni. Particolarmente colpiti dall’ondata di maltempo i settori nord occidentali, dall’Appennino massese a quello pistoiese, dove le ingenti nevicate hanno provocato black-out elettrici, cadute di alberi e problemi alla viabilità. I record della neve All’Abetone (PT) dicembre 2020 è stato, con ben 258 cm, il più nevoso dal 1969. Per quanto riguarda gennaio le nevicate, al 14 del mese, hanno scaricato sulla località appenninica altri 173 cm; nonostante manchino ancora 18 giorni alla fine mese, gennaio 2021 è già il 6° più nevoso degli ultimi 50 anni. Considerando che il grosso delle nevicate è cominciato a cadere intorno al 25 dicembre, all’Abetone in soli 20 giorni sono caduti oltre 3 metri di neve, mente il dato dal 1° dicembre parla di un totale superiore ai 4 metri, circa 1 metro di più di quanta ne dovrebbe cadere durante l’intera stagione invernale (dicembre-marzo, climatologia 1969-2020). Si stima che in quota, vale a dire oltre i 1700-1800 metri di altitudine, lo spessore della neve oscilli tra i 300 e i 400 centimetri. Spostandoci più a ovest, verso l’Appennino lucchese, le nevicate dell’ultimo mese hanno portato circa 2 metri e mezzo di neve in località Casone di Profecchia (alta Garfagnana), mentre sui rilievi della Lunigiana non si vedeva così tanta neve da circa 40 anni (al Passo dei due Santi la neve oscilla tra i 200 e i 250 cm). Allargando lo sguardo alle restanti aree montuose della Toscana, pur non rilevando cumulati da record, si sono comunque osservate nevicate molto abbondanti. Sul Monte Amiata, dove le nevicate si sono alternate anche a episodi di pioggia, lo spessore della neve al 13 gennaio si attesta, in vetta, tra i 120 e i 130 cm, per ritrovare simili numeri a cavallo tra dicembre e gennaio bisogna tornare alle stagioni 2008-2009 e 2005-2006. Le Alpi Apuane, in particolare la parte più settentrionale e i versanti orientali, registrano cumulati altrettanto ingenti; in località Orto di Donna (1070 m) si stima una caduta di circa 200 cm di neve tra dicembre e gennaio, di cui al suolo ne rimane circa un metro. Oltre tale quota, ed in particolare al di sopra dei 1400-1500 metri, il manto raggiunge e localmente supera i 2 metri. Sulla parte orientale dell’Appennino (Tosco-Romagnolo e Massiccio del Pratomagno), la quantità di neve presente oscilla, tra i 1400 e i 1600 metri di altitudine, da un minimo di 150 ad un massimo di 200 cm, ultimo precedente in questo periodo nel 2010. A quote più basse, al di sotto dei 1000 metri, le nevicate si sono spesso alternate alla pioggia, lasciando comunque al suolo una copertura uniforme sebbene non particolarmente spessa. È bene precisare, infatti, che l’eccezione nivometrica ha fin qui riguardato le fasce altitudinali medio-alte, mentre per quanto riguarda quelle medio-basse l’inverno in corso non presenta particolari anomalie. Bassa pressione nel Nord Atlantico e aria di origine artica le ragioni di tanta neve Per quanto riguarda la configurazione responsabile di una serie così insistente di episodi nevosi, bisogna rivolgere lo sguardo verso il nord Atlantico, dove per oltre 2 settimane ha insistito un’area depressionaria alimentata da aria fredda di origine artica marittima (come mostra l'immagine seguente). Una situazione che si è definitivamente sbloccata dopo il 9 gennaio e che ha lasciato spazio, almeno temporaneamente, a correnti più secche di origine continentale. Relativamente al resto dell’inverno è lecito attendersi, in virtù dell’evento di Stratwarming in atto, ancora occasioni per nevicate, anche a bassa quota (si veda uscita dei primi di gennaio delle previsioni stagionali). Anomalia dell'altezza del Geopotenziale - NCEP/NCAR Reanalisi Le forme incredibili dei fiocchi di neve I fiocchi di neve si formano nell'atmosfera quando le gocce di acqua fredda si congelano sulle particelle di polvere. Esiste una varietà veramente molto grande di fiocchi di neve, e la loro forma è influenzata dalla temperatura e dall'umidità dell'atmosfera che conferiscono ai cristalli di ghiaccio una miriade di forme diverse. In particolare è stato Kenneth Libbrecht, professore di fisica presso il California Institute of Technology, a mostrare come i fiocchi di neve più intricati si formano quando c'è più umidità nell'aria, mentre i più semplici si hanno in condizioni più asciutte. Inoltre, secondo la ricerca di Libbrecht, i fiocchi di neve formati a temperature inferiori a -22 gradi C sono costituiti principalmente da semplici lastre di cristallo e colonne (ecco perché pochi di noi hanno visto tali fiocchi), mentre i fiocchi di neve con ampi schemi di ramificazione si formano a temperature più calde. La classificazione che utilizziamo ancora oggi per classificarli è stata ideata oltre mezzo secolo fa, quando nel 1951 gli scienziati di Association of Cyrospheric Sciences (IACS) idearono un sistema che raccoglie i fiocchi di neve in 10 forme di base. Classificazione dei cristalli di neve, come elaborata nel 1951 dalla Association of Cyrospheric Sciences (IACS) - Immagine da qui Il primo a fotografare fiocchi di neve fu Wilson Bentley (1865-1931) del Vermont, che riuscì nell'impresa utilizzando un microscopio collegato a una macchina fotografica. La sua raccolta di 5.000 immagini di fiocchi di neve ha mostrato la straordinaria diversità dei cristalli di neve. Immagini da: https://snowflakebentley.com